“Avevamo vissuto la guerra, e noi più giovani –che avevamo
fatto appena in tempo a fare il partigiano- non ce ne sentivamo schiacciati,
vinti, bruciati, ma vincitori, spinti
dalla carica propulsiva della battaglia appena conclusa, depositari esclusivi
di una sua eredità. (…) L’essere usciti da un’esperienza –guerra, guerra
civile- che non aveva risparmiato nessuno, stabiliva un’immediatezza di
comunicazione tra lo scrittore e il suo pubblico. (…) La rinata libertà di
parlare fu per la gente al principio smania di raccontare: nei treni che
riprendevano a funzionare, gremiti di persone e pacchi di farina e bidoni
d’olio, ogni passeggero raccontava agli sconosciuti le vicissitudini che gli
erano occorse, e così ogni avventore ai tavoli delle mense del popolo, ogni donna nelle code ai negozi; il grigiore
delle vite quotidiane sembrava cosa d’altre epoche; ci muovevamo in un
multicolore universo di storie.”
Così scriveva Italo Calvino nella prefazione del suo primo
romanzo, Il sentiero dei nidi di ragno,
incentrato sulla Resistenza, a testimonianza dello spirito costruttivo e del
nuovo senso della vita che animava l’Italia del secondo dopoguerra. In
occasione della Festa della Liberazione, riprendiamo le sue parole, con
l’auspicio che anche noi, nei prossimi mesi, possiamo vivere in un clima di
rinnovata fiducia.
La redazione
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